Due giovani santantonesi, approfittando della città deserta che il buio della notte permetteva, fermavano il furgone in una piazza. Una volta accertati di essere soli, scendevano e, indisturbati iniziavano a smontare le grosse lastre di pietra lavica di cui era ornata una delle aiuole del popoloso quartiere gravinese. Una ad una, non senza fatica, venivano caricate dai giovani sul furgone. Era ormai il ventesimo pezzo caricato quando vengono notati da una pattuglia locale dei carabinieri. Ormai scoperti, non restava che scappare e il più giovane dei due alla guida del veicolo tentava la fuga insieme all'amico.
Niente da fare. Già all'alba S.C. di 21 anni (o 22) si trovava a piazza Lanza, invece T.M. di 16 anni (o 17) evitava il carcere perchè minorenne e si è ritrovato nel centro di prima accoglienza per minorenni di Catania. Adesso dovranno rispondere di furto aggravato in concorso. Per il più giovane è scattata anche la denuncia a piede libero per aver condotto il mezzo di fuga, ovviamente, senza patente.
Il basolato, che secondo una stima approssimativa, avrebbe avuto un valore tra i 500 e i 1000 euro è stato restituito al comune di Gravina.
Perchè due ragazzi di sabato notte vanno a rubare lastre di basolato? Perchè non sono andati a divertirsi? Chi glielo ha fatto fare? Era un furto su commissione?
A queste domande risponderanno i magistrati. Ma è scontato pensare che la libertà dei giovani viene, spesso e volentieri, sottratta da quegli adulti con poca maturità. L'incosciente che ha mandato due ragazzi a rubare delle "pietre" sputando sui beni pubblici e mettendo a repentaglio due acerbe vite non si può che definire idiota. Probabilmente non è neanche la prima volta che lo fa e magari sa qualcosa pure del saccheggio del Parco di Casalotto.
Il minore nonostante alimenti il ben noto primato della criminalità minorile catanese ha la possibilità ancora di recuperare, l'altro giovane invece, entra nel tetro mondo del carcere che rappresenta troppo spesso una via del non ritorno.
Questo per cause dimenticate ma preoccupanti.
Il carcere di piazza Lanza, secondo l'associazione Antigone (l'osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione e sull’esecuzione penale) è uno dei peggiori d'Italia perchè presenta livelli di evidente degrado: scarsa offerta di interventi trattamentali, assistenza sanitaria carente, fatiscente nelle strutture sia esterne che interne, i gabinetti e le docce sporchi e gli spazi per la socialità inesistenti. Situazione che è aggravata dallo stato di sovraffollamento e di insufficienza di spazi (8 persone per cella).
Adesso ditemi se un giovane che per la prima volta entra in questo luogo, dove non esiste nessuna attività di recupero o lavoro, come possa mai recuperare la stima della società. Quello che trova semmai è vivere a contatto con i maestri del crimine che gli faranno l'unica scuola peggiore della strada.
Esistono però casi che ne confermano la situazione perchè ne sono l'eccezione.
Casi come quello di Carmelo Musumeci, un santantonese che dentro il carcere è riuscito a ridarsi una dignità, rifiutando il mondo minaccioso che si insidia dietro le sbarre fatto di regole stabilite dai boss, di silenzio e omertà.
Carmelo è dentro perché controllava i traffici illeciti della Versilia (ma in realtà…gestiva le bische clandestine di quella zona), e da 17 anni sta pagando con l'ergastolo girando le carceri italiane.
Da dentro ha iniziato a studiare conseguendo la licenza media, il diploma superiore, la laurea in scienze giuridiche e si è iscritto alla specialistica di giurisprudenza. Scrive testi e poesie per l'associazione Pantagruel. Per poter continuare gli studi presso la facoltà di Firenze, dal carcere di Nuoro ha iniziato uno sciopero della fame che gli ha permesso di essere poi trasferito nel carcere di Spoleto vicino anche ai suoi familiari.
La sua risocializzazione non gli è stata mai concessa ma se la sta guadagnando riconoscendo il ruolo delle istituzioni attraverso appelli e reclami civili per i diritti dei carcerati e contro l'ozio forzato ma anche contro l'ergastolo che, sostiene, contraddice la funzione che la legge assegna al carcere: quella di rieducare chi sbaglia.
La sua giovinezza l'ha vissuta ad Aci S.Antonio e questi sono i suoi ricordi:
Mi chiamo Carmelo Musumeci, sono nato il 27 luglio del 1955 a Aci Sant’Antonio, in provincia di Catania, sono nato e vissuto fino all’età di dieci anni in Sicilia, una terra bellissima, ma in un ambiente che conserva difficoltà ancora drammaticamente attuali.
Abitavo in una piccola casa in periferia del paese di due stanze e una cucina in una viuzza chiusa.
Io e i miei due fratelli, uno più piccolo ed uno più grande, dormivamo in cucina, due in un letto e l’altro in un altro lettino.
Il nonno ed un mio zio erano andati a lavorare in Svizzera, mentre mio padre era emigrato in Francia.
Mia madre faceva avanti ed indietro fra noi e nostro padre e per lunghi periodi non la vedevamo.
Sia a me che a Pippo e Silvio, i miei due fratelli, ci hanno cresciuti la nonna materna e le zie Tina, Pippa, Anna e Concetta, sorelle di mia madre.
Passavo le giornate nella viuzza insieme a tutti gli altri bambini, scalzi e affamati ma felici di stare tutto il giorno fuori di casa a scorrazzare per i campi e a rubare la frutta dagli alberi, a salire sugli alberi, andare a caccia di lucertole e rane.
Spesso alla sera quando rientravo a casa non c’era nulla da mangiare e sia io che i miei fratelli andavamo a letto dopo aver mangiato solo pane bagnato nello zucchero.
A volte (omissis) mi portava con lei a fare la spesa al mercato e mi aveva addestrato che mentre lei dava da parlare io dovevo rubare quello che potevo.
Una volta mi scoprirono e mi arrivò uno schiaffo in faccia da (omissis) mentre mi gridava:
- quante volte ti devo dire che non devi rubare.
Poi a casa mi diede il resto sia perché mi ero fatto scoprire e sia perché gli avevo fatto fare brutta figura.
All’età di sei anni andai a scuola ma le mie assenze furono così tante che fui bocciato. Ci riprovai l’anno appresso e questa volta fui promosso in seconda elementare. Una volta mentre andavo a scuola trovai un gattino, lo presi, lo misi nella mia cartella e non potendo rientrare a casa lo portai con me a scuola.
Durante la lezione il gatto si mise a miagolare e la maestra lo scoprì e fui espulso dalla scuola per dieci giorni.
Anche in seconda elementare fui bocciato, ci riprovai di nuovo l’anno appresso e passai in terza elementare.
Ma ormai per la mia famiglia ero già grande per iniziare a lavorare: avevo nove anni, andai a lavorare con mio zio nella muratura.
Mio fratello, come al solito, era stato più fortunato di me, era andato a lavorare in una pasticceria e così poteva mangiare tutti i giorni iris, arancini, cannoli e paste di mandorle…
Quanto è cambiata l'Aci S.Antonio dei giovani in cinquant'anni?
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