E’ arrivato il denaro. Finalmente dopo lunghe peripezie il Distretto Produttivo della Pietra Lavica dell’Etna ha visto premiato il suo impegno ed insieme ad altri 7 distretti riceverà il primo finanziamento del settore.
La notizia è dell’11 gennaio scorso mentre la pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta Ufficiale da parte dell’assessorato alla cooperazione è del 13 febbraio.
Sono 4 i milioni di euro che arrivano per finanziare il settore dell’Information and Communication Technology delle imprese coinvolte. Ma cerchiamo di capire bene il contesto in cui operano questi distretti con la globalizzazione che avanza e la crisi finanziaria.
Ricordate quando cominciarono ad affiorare in Italia i primi supermercati? Soffocavano improvvisamente il lavoro dei bottegai togliendo loro la linfa vitale della clientela. Le politiche economiche degli ultimi decenni hanno favorito le grandi imprese di pochi, mettendo in crisi le piccole imprese ma anche l’artigianato di molti.
Favorendo il commercio di massa siamo arrivati, anche grazie a classi dirigenti senza scrupoli e ad una classe politica sempre più autoreferenziale, alla ormai famosa crisi di questi tempi. Forse il capitalismo come lo abbiamo sempre conosciuto sta collassando su se stesso.
I segnali di questa catastrofe, dobbiamo ammetterlo, ci sono da anni. Pensate al periodo di crisi di fine anni 80-inizio anni 90. Proprio in quel periodo si pensò di venire incontro a tutte quelle realtà imprenditoriali e artigiane che dovevano fare i conti con la concorrenza della globalizzazione. Vennero pensati i distretti industriali e poi produttivi. Le concentrazioni di aziende raggruppate per settore e territorialità si univano per resistere allo strapotere economico.
Nella zona etnea, famosa per il mongibello e la sua lava, centinaia di lavoratori hanno fatto la fortunata storia dell’artigianato locale della pietra lavica.
Una fortuna che se non inserita in un contesto moderno di produzione, rischiava di essere persa. Soprattutto in un futuro prossimo dove i paesi del Mediterraneo sarebbero tornati, dopo secoli, a solcare i mari per rilanciare un mercato di antiche e gloriose soddisfazioni.
A Catania, infatti, in vista dell’apertura dei mercati di Mediterraneo 2010 l’idea è stata quella di proporre il meglio della produzione locale ai futuri acquirenti della costa dell’Eurasia e dell’Africa.
Si è progettato quindi un grande polo fieristico che mira specificatamente al business del settore agroalimentare e lapideo.
Il porto di Catania quindi, nel futuro mercato mediterraneo, proporrà soprattutto arance e pietra lavica.
Per il momento il progetto della futura EtnaFiere S.p.A., che avrà sede a Belpasso, non ci dà risposte a breve termine sulla sua realizzazione però il grosso business che si prospetta è stato ampiamente previsto e anticipato da due noti dottori commercialisti catanesi, già all’inizio degli anni 2000.
Fu in quegli anni infatti che il rampollo dello Studio Pogliese, l’allora assessore provinciale allo sviluppo economico di Catania Salvo Pogliese, diede vita alla promozione del “Distretto della Lava”. Una forma di distretto ancora acerba, così come la legislazione del tempo, ma la sua intuizione si sposava perfettamente con il ruolo di presidente di EtnaFiere, del dott. Commercialista “Senior” Antonio Pogliese che ha contribuito in prima persona a rilanciare l’economia del centro nevralgico di Belpasso. Non solo Etnapolis, ma ovviamente anche la pietra lavica. Il comune belpassese infatti è il primo interessato al mercato della preziosa pietra con le sue 12 cave e circa il 40% di imprese di tutta la zona.
Una ricchezza che il sindaco Alfio Papale conosce bene sin dai tempi del “Distretto della Lava” e oggi che in qualità di rappresentante comunale è diventato il presidente del Distretto della Pietra Lavica.
Ma il controllo professionale sul distretto dei nostri commercialisti rischiava di vacillare con la Finanziaria 2006. Tremonti infatti aggiudicava ai distretti un inedito potere di concertazione fiscale. In pratica da quella manovra il distretto, senza nessuna qualifica in merito, poteva direttamente contrattare col fisco i vantaggi fiscali delle aziende consociate facendo a meno della consulenza professionale dei commercialisti.
Quindi i professionisti che avevano nasato per primi l’affare venivano tagliati fuori dalla contabilità del distretto. A meno che…
A meno che il commercialista in questione non sarebbe entrato dentro il direttivo del distretto. Come? Prima come socio in qualità di presidente di Etna Ambiente s.r.l. e poi diventando nel 2009 revisore dei conti della Fondazione che rappresenta l’organismo del distretto.
Ma è proprio attorno alla governance di questa Fondazione che si riescono a evidenziare le capacità imprenditoriali e amministrative che ruotano attorno all’oro nero dell’Etna.
Se da un lato abbiamo l’astuta intuizione dei personaggi sopraesposti, dall’altro lato vediamo gli amministratori di uno dei 27 comuni del distretto, impegnato in un affannoso tentativo di aggrapparsi all’ennesimo carro/baraccone del mondo affaristico siciliano.
Il comune di Aci S.Antonio sin dalla scorsa amministrazione ha partecipato al patto del distretto perché nel suo territorio lavorano artigiani della pietra lavica. Sono solo due imprese (Cristaldi Francesco e Grasso Orazio) su circa 80 totali del distretto che, comunque sono rappresentative dell’artigianato locale. Le due ditte però, nonostante avessero già singolarmente fatto parte del lungo percorso di selezione dei distretti, oggi non hanno ancora aderito alla sua Fondazione.
Ricordiamo a tal proposito che dalla Finanziaria 2007, che inserì un contributo statale in favore dei distretti, l’iter di riconoscimento ha visto in corsa ben 7500 imprese siciliane di cui 3.600 promosse, riducendo i distretti interessati da 58 a 23. Il distretto della pietra lavica è riuscito grazie ad un incoraggiante voto di “quasi sufficiente” a passare poi alla fase successiva rientrando al decimo posto tra i
restanti 12 progetti finanziabili.
Per la nuova amministrazione Cutuli essere protagonista nell’area distrettuale era un affare non solo in vista del mercato aperto del Mediterraneo, ma anche e soprattutto per la previsione di finanziamenti di 200 milioni di euro tra fondi europei, statali e regionali di cui 80 milioni attraverso il Por Fesr 2007/2013.
I primi 8 milioni riguardanti le attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico sono quelli di questi mesi, ripartiti in due tranche. Della prima ne abbiamo notizia il 13 novembre 2008 l’assessore regionale siciliano alla Cooperazione e Commercio, Giovanni Roberto Di Mauro fa sapere che sono stati stanziati i primi 4 milioni per potenziare i 12 distretti produttivi regionali. Della seconda tranche c’è ancora d’aspettare.
Con la prima partita in arrivo, al distretto della pietra lavica non bastavano le firme del Patto per lo Sviluppo del 2006, perché per ricevere quei finanziamenti occorreva una struttura giuridica che è stata individuata nella Fondazione, secondo gli esperti un ottimo organo di Governance. Ma la Fondazione in quel momento era ancora da costituire.
Il sindaco di Belpasso quindi, si getta a capofitto nella sua costituzione, il 14 novembre chiama i comuni coinvolti e chiede chi vuol essere socio fondatore o semplicemente socio. Il 20 novembre si firmerà l’atto costitutivo e più in là si eleggeranno le cariche direttive.
Rispetto alla numerosa partecipazione al Patto però, i soci che, versando una quota annua di 500 euro, accettano di convergere nella Fondazione sono circa la metà e i Comuni che diventano soci fondatori sono 5: Aci S.Antonio, Giarre, Ragalna, Zafferana e ovviamente Belpasso. Adesioni approvate in civico consesso. Le modalità di quello santantonese ne fanno il caso particolare.
Partecipazione alla FONDAZIONE DI PARTECIPAZIONE "DISTRETTO PRODUTTIVO DELLA PIETRA LAVICA DELL' ETNA"
Già dal titolo cacofonico dell’odg si capiva con quanta fretta e furia sono stati convocati i Consigli Comunali per il 19 novembre. Per Aci Sant’Antonio essendo la sesta convocazione urgente su sette le motivazioni portate in Consiglio dagli amministratori anticipano la burla tragicomica che si svelerà una volta che il direttivo distrettuale sarà formato.
L’assessore allo Sviluppo Stefano Finocchiaro inizia tentando il vecchio metodo di elevarsi meriti di fronte alla noncuranza della precedente amministrazione. Un tentativo mal riuscito dato che quella convocazione è consequenziale alla richiesta appena fatta pochi giorni prima dal comune capofila Belpasso, senza contare poi l’incompleta documentazione presentata ai Consiglieri.
Comunque l’assessore segue illustrando l’”imperdibile opportunità” di entrare a far parte degli scranni del direttivo del distretto.
Lo statuto prevede che i 2/3 del Consiglio d’Indirizzo siano rappresentativi dei soci fondatori, ma concretamente c’è qualche possibilità in più ma non vi è certezza, bisogna partecipare all’elezione ed essere eletti.
Quindi un’opportunità discutibile che potrebbe essere ottima, se non fosse che... l’approvazione della delibera è macchiata da una violazione dell’articolo 3 del regolamento delle commissioni. Infatti la commissione competente non è stata messa in condizione di esaminare il documento e di esprimere il parere vincolante per passare al Consiglio. E il tempo per farlo c’era.
La delibera è passata ugualmente nonostante la contrarietà dell’opposizione ma soprattutto del parere SFAVOREVOLE del segretario comunale (messo a verbale).
Quindi il valore aggiunto di diventare protagonisti nei bandi che finanzieranno il distretto si è trasformato in un illecito amministrativo che anziché assumere un aspetto di provvidenziale furbizia sicula diventa un inutile passo falso quando l’8 gennaio l’assemblea del distretto si riunisce per eleggere il direttivo e tra i presenti non compare nessun rappresentante del comune di Aci S.Antonio.
Un’assenza, questa, che dopo la magagna in Consiglio, forzatamente giustificata dall’ingresso nella stanza dei bottoni, diventa una beffa imbarazzante quando gli elettori presenti si nominano tra di loro rendendo goffo il tentativo dell’amministrazione Cutuli di entrarci.
Forse sono cose che succedono quando più elementi di cattiva amministrazione si accavallono. Quel giorno probabilmente, la gestione dello sciopero dei netturbini santantonesi, era un’inefficenza amministrativa così evidente da occupare completamente gli affanni della giunta.
I corsari, si sa, non sono stinchi di santo, il loro obiettivo è quello di arraffare tutto l’oro. Non daranno un esempio positivo ma, possono esser visti da qualcuno come eroi. I seguaci che invece vogliono emulare le gesta dei corsari con la speranza di raccattare qualche moneta, il più delle volte, oltre che dare un esempio certamente negativo, appaiono ai più, profondamente patetici.
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